I treni corrono

Le mani lungo le orecchie fermano tutto ciò che c’è intorno. La fronte ben posta sul suolo, riesce a negare agli occhi qualsiasi forma o immagine. Ripiegando su me stesso, in maniera letterale, riesco a raggiungere ad una stasi unica. Tecniche come queste mi sono sempre servite a rinnegare la realtà. Il metodo migliore erano le droghe associate alla danza, alle situazioni sterili, le mie preferite. Eppure, avviene di esser presi alla sprovvista e non riuscire a fare altro che rannicchiarsi formando una palla di carne, ossa, connessioni nervose. “Oh, si “queste sono le due parole che escono fuori prima di tutte. Mentre la schiena è così piegata e distesa, riesco a rilassarmi come non mai. Come non mai riesco a dimenticare tutte le cose che non vanno bene in questa serie di eventi. Appare come un film se ti impegni. Basta veramente poco, è una piccola forma d’arte per me. Bisogna prima di tutto comprendere in maniera superficiale un evento terribile, nel momento in cui ciò scatena in te qualche forma di pensiero o anche solo la coda di un pensiero, devi negarlo riempiendoti di nullità. Ne abbiamo ovunque, fra le persone, gli oggetti, le sostanze, l’intrattenimento. Prendi dell’intrattenimento di ogni tipo, becero o meno non è importante ma prendilo e cospargiti tutto il capo fino a quando non sentirai più i sentimenti più oscuri elaborarsi dentro di te. Con oscuri, sia chiaro, non si sta parlando di pensieri negativi come le solite tristezze, malinconie e depressioni che si muovono sempre nella stessa maniera. Quelle sono stupide, devi conoscerle al meglio per essere abile nell’arte dell’annullamento. Devi avere paura, invece, della curiosità. Maledetto sentimento che ci porta sempre a lavorare e lavorare. Quanto è stancante lavorare in funzione della curiosità; come una malattia si annida dentro di te ed il tuo cervello come tanti ingranaggi, inizia a girare e funzionare. Errore madornale cadere nella curiosità. Una nemica orrenda che ci dona solo paranoia, fidati di me perché io son riuscito a gestirla, a rimanere al di fuori.
Il prossimo passaggio è molto soggettivo. Ognuno può usare gli escamotage che preferisce. Io immagino sempre di essere in una stazione ferroviaria dove passa e lavora un solo treno. È molto semplice. Io immagino di rimanere al di fuori di quel treno, divengo un semplice spettatore nei confronti di un evento che sta accadendo proprio davanti ai miei occhi. Perché, e ciò è fondamentale, la questione deve esser osservata. Non pensate che il cuore della questione sia situato in un processo di desensibilizzazione, al contrario. Tocca tener presente ciò che sta avvenendo e pian piano decidere di astenersi. Questo passaggio è fondamentale per un motivo molto semplice. Allontanarsi semplicemente, decidere di non vedere non crea altro che problemi. Nel momento in cui si decide, anche contro il nostro istinto, di non seguire gli eventi, di far finta che non avvengono la mente riinizia a lavorare incessantemente. La curiosità, a quel punto, sarà ingestibile perché non c’è stato un affronto o uno scontro con l’evento in questione. Fidatevi quando vi dico che astenersi facendo finta che tutto non sia mai accaduto crea delle linee di pensiero ingestibili per il nostro umile animo. Dobbiamo tener presente ciò che ci viene mostrato e portato davanti al visto e decidere, in un secondo momento, di astenersi a quest’ultimo. Far finta di nulla, non è mai stata una saggia decisione per me. Posso anche comprendere, e lo accetto, che alcuni astenendosi da ciò e cercando di eliminare la realtà potrebbero anche salvarsi ma ciò è legato alle nostre forme mentali, a come funziona tutto ciò che ci gira nelle connessioni nervose. Non nego l’esistenza di persone che riescono ad attenuare le proprie emozioni così tanto da non dover nemmeno aver presente l problema. Per questi pochissimi fortunati, basta disinteressarsi e sono salvi ma ogni giorno più vuoti poiché non comprendono il peso e la sostanza di ciò che succede intorno a loro. Provateci pure se volete ma con me questa manovra non ha mai aiutato, ho dovuto lavorare sodo in un altro senso. Ascoltate le ultime parole di questo uomo strano e rannicchiato su se stesso, quasi volesse ritornare ad una fase precedente della propria crescita. Ascoltate per piacere.
Ho vissuto una vita di stenti, le difficoltà non sono state poche e le incomprensioni si sono susseguite come gocce durante una tempesta. Sono come tanti, d’altronde, eppure mi sento unico. Unico con le mie debolezze e tristezze, mi sento unico e ripercorrere le mie teorie e le mie scelte mi rendono sempre fiero di me stesso. Non posso farne a meno, sarò egocentrico, complicato o troppo semplice. Quindi ascoltatemi. Ho deciso di vivere una vita da spettatore lontano dalle emozioni e dai colpi di scena che questa vita mi propina di tanto in tanto. Ho deciso di essere uno spettatore, mi scuserete la ripetizione, e rimanere fuori dal treno.
Ho smesso di vivere la vita che mi hanno inculcato, inventandone un’altra.
Guardo un treno da lontano, seduto su di una panchina solitaria.
Guardo un treno da lontano. Eppure, in questa solitudine ho trovato la mia di moltitudine.
Provateci. Smettete di vivere di tanto in tanto. E fate un lungo respiro

Vita

Un giorno, nei miei quattordici anni
la vita giunse ai bordi del mio viso:
sussurrò
“rimarrò uguale, contraria, opposta, costante”

Fu allora che feci una promessa,
riluttante e a denti stretti, e diceva
“Mai vivrò, mai”.

Eppure, da quel momento, molto è accaduto
e mi fu chiaro da subito l’esito.

Mi innamorai giorno dopo giorno di
riso, corse, spensieratezza, passione, amore, maree di cielo.

E fu chiaro.
Il dolore non è altro che eco.
Eco di un amore passato
sempre al mio fianco,
si ripresenta.

Bicicletta

Amo quest’uomo.
Se stringessi forte il suo addome tutto il resto scomparirebbe.
Su un paio di ruote mi sembra di superare gli anni che furono.
Se appoggiassi la fronte sulla calda schiena il mondo perderebbe peso.

Il dolore, la gelosia, la fragilità, il veleno scorre via
seguendo le orme di questa nostra scia che lasciamo
passo dopo passo, parola dopo parola.


Eppure, amo quest’uomo anche quando,
nelle giornate che si susseguono grazie alle onde del mare infrante sulle coste notturne,
la banalità ci afferra e ci riporta a quelli che eravamo.

Le regole son decadute.
Il regno è crollato ed i suoi resti appaiono appena visibili
ai bordi delle mie labbra che curvandosi si mostrano a chiunque ci circondi.

Non ripeterò altro,
quando gli estranei ci parleranno da lontano,
quando io stessa urlerò contro l’astio che abbiamo generato.
Non ripeterò altro.
“Amo quest’uomo” –

Sorrisi immersi nel silenzio

Dopo anni i due si incontrarono. Lungo una strada desolata, di notte, si riconobbero da lontano e senza dirsi nulla capirono che la giornata non sarebbe finità lì. Lui, timidamente, le chiese di andare a prendere qualcosa da bere e lei, ancor più timida, gli disse di si.
Nei soliti bar che si possono trovare dopo la mezzanotte, dove le pareti sono colme di fumo, gente bevuta dalle dieci di sera e vecchi amori, presero il loro cocktail.
Vista da lontano, non troppo, pareva una gara di sorrisi nascosti. Quasi totalmente in silenzio i due si guardavano sorridendo, a volte anche all’unisono. Lui, però, non voleva passare una serata così semplice ed iniziò a parlare dei vecchi tempi. Iniziarono entrambi, partendo dai ricordi più felici, a riassumere il loro tempo speso insieme. Con dolcezza e senza vergogna, ora, le parole fuoriuscivano una dopo l’altra. I sorrisi iniziarono a diminuire quando la storia stava per giungere al termine ma lei decise di non farla terminare. Nell’ultima parte del racconto lei decise di mettere un segnalibro e chiudere momentaneamente il libro. Gli chiese “Ma come è successo di innamorarti di una come me? “ . Lui pensò subito che fosse uno scherzo. Quella frase buttata lì sembrava così leggera e soffice anche se racchiudeva mesi e mesi di pensieri e gesti. Poi si fece serio e respirò lentamente l’ennesima sigaretta della serata. Guardando nel vuoto incominciò :
“La tua ironia era unica. Non avevo mai incontrato nessuna che riuscisse a tenermi testa, a rispondermi a tono e farmi ridere così tanto. Non eri superba, non c’era vanteria nei tuoi gesti o frasi e ti rispettavo molto per questo. Avresti potuto assoggettare il mondo intorno a te con le tue abilità ed invece avevi deciso di prendere in mano una persona come me e portarla in giro per il mondo. Apprezzavo il tuo ottimismo cieco. Mi ripetevi sempre che le cose sarebbero andate bene e ciò per un pessimista come me, è come respirare dopo ore di apnea. E poi amavo – si girò verso di lei, fissandola, teneva in mano ormai solo il mozzicone puzzolente e fumoso della sua sigaretta- la tua debolezza. Eri così fragile davanti ai miei occhi. E quando crollavi nei pianti più necessari ti osservavo come fossi un quadro. Il tuo trucco che scendeva lungo il viso, le lacrime che copiose ti ricoprivano mi facevano sentire l’unico terrestre a vedere questo triste, si, ma bellissimo spettacolo. E in quei momenti adoravo le tue guance che ottenevano un rosso carminio mai visto in vita mia. In quella disperazione, in quella debolezza eri la cosa più bella che avessi mai visto”

Lei tratteneva il magone anche se i suoi occhi iniziarono a diventare lucidi. Forse lei non voleva fargli rivedere quel viso colmo di lacrime per proteggerlo dal distacco, da un amore che era finito nel bene e nel male. Si trattenne da tutto questo se non per una mano che come una lucertola, con movimenti veloci e secchi, afferrò la sua. E poi, nei fumi delle sue sigarette, si videro solo sorrisi ed ancora sorrisi.
Sorrisi immersi nel silenzio.

Mi manchi

Mi manchi ogni giorno. Mi manchi da almeno 10 anni. Non eri sempre nei miei pensieri. Ci sono state settimane e mesi, forse anche un anno, in cui non ti sei affacciato alla mia mente ma ultimamente il pensiero di te è diventato sempre più forte.
Riesco a ricordarmi i tuoi larghi occhi marroni come cioccolato. Com’è possibile che li ricordi ancora?
I capelli a scodella, sottili, e quei vestitini esuberanti.
Mi mancano le giravolte nei tuoi pensieri. Il mondo scompariva per decine di minuti ogni volta che piroettavi con dei giocattolini in mano. E nessuno poteva capirlo quello che stavi facendo, ne eri consapevole. Avresti tanto voluto nascondere queste tue attività ed invece non riuscivi di fare a meno di quelle movenze, di quei momenti. Era più forte di te e lo è sempre stato.
Penso sia questo uno degli elementi che più invidiavo di te. La tua naturalezza.
C’era una strana luce intorno . E mi manca anche quella luce, che non capivo a pieno. Non ho mai capito quanto valevi o quanto mi saresti mancato.
Sei dentro di me da troppi anni, in silenzio. Aspetti che le cose vadano per il meglio. Ti immagino nel mio stomaco come un piccolo fantasma incastonato fra i vari intestini mentre mangi una caramella e con un sorrisetto, un po’ nascosto, ti aspetti il meglio da me.
Ci sto provando, te lo giuro.
Eppure, mi manchi anche se ti porto sempre con me.
Di tanto in tanto ricordo le tue movenze, il tuo correre a destra e a manca e quasi scoppio a piangere.
Ma forse è giusto che sia così.
Perché mi manchi da tanto, troppo tempo.

Mi manchi così tanto perché eri ciò che ora vorrei diventare. Ti ho denigrato, specialmente all’inizio ma poi qualcosa è cambiato dentro di me. Nel momento peggiore della mia vita sei apparso quasi come un angelo per darmi l’ennesima mano a rialzarmi.
Vorrei non deluderti come ho fatto e come farò, non lo nego. Forse non ti deluderò.
Aspettami da qualche parte, magari su una spiaggia di inverno. Giuro che un giorno ci arriverò e ti terrò la mano con tutte le mie forze.
E sorrideremo all’orizzonte che non ci fa più paura.

Radar umano

Come fossi un radar umano, ti vedo spiccare fra la gente. I tuoi contorni prendono peso e forma e son totalmente diversi da tuto il resto. Brilli quasi fossi radioattiva. In mezzo ad un composto fluido di persone, riesco ancora ad inquadrarti.
Ti sto guardando da lontano, immobile e con un pallore evidente. Ti sto guardando con un’altra persona. Che sia il tuo nuovo amore, un confidente o chissà cosa a me non importa. Continuerò a guardarti colmo di rabbia mentre i denti si stringono sempre più.
Come se avessi una malattia ambigua e singolare, sei l’unico elemento che riesco a vedere e che mi ossessiona.
Quel sorriso, per quanto splendido, mi comunica solo mal di testa. Sogno e spero che le cose vadano meglio.
Un giorno, magari fra anni, vorrei rincontrarti e vederti a pezzi. Avere una vita migliore della tua, un amore più fiero e degno del tuo così da poterti guardare dall’alto verso il basso.
Uno sguardo pieno di superbia colmerebbe i pezzi mancanti.
E forse, in questo modo, scopriresti anche tu che il tradimento è l’invenzione più maligna che l’uomo abbia mai fatto.